È troppo tardi per andarsene
Oggi è il 31 dicembre e da circa 5 mesi la regione del New South Wales in Australia sta bruciando. Gli incendi boschivi sono regolare amministrazione per quella porzione di Terra, ma quest’anno i roghi si sono estesi a 3.400.000 (tre milioni e quattrocentomila) di ettari. L’ultima volta che si era registrata un’estensione degli incendi così ampia erano gli anni ’70.
La situazione è critica e ad oggi ha registrato almeno 13 vittime e oltre 2.500 edifici divorati dalle fiamme. Questa mattina, il corpo dei vigili del fuoco australiani ha diramato un’allerta di massimo livello per le popolazioni residenti nelle immediate vicinanze dei roghi.
‘Sei in pericolo e devi agire immediatamente per sopravvivere — È troppo tardi per andarsene’. Se da un lato i consigli forniti sono puntuali, dall’altro il linguaggio e il panico percepito è senza precedenti (almeno per ciò che ho visto nei miei 24 anni di scorribande globali).
Gli incendi boschivi australiani del 2019 non sono una sorpresa: l’Australia brucia da sempre; sono però, indubitabilmente nella loro gravità, un sintomo chiarissimo di un contemporaneo fuori dalle previsioni e dal controllo degli umani.
Si tratta di eventi eccezionali la cui esistenza è fortemente favorita dai fenomeni di cambiamento climatico e che trasfigurano i protocolli attraverso cui da sempre interpretiamo le situazioni di emergenza critica.
Prima di tutto, ciò che vediamo cambia colore, applicandosi un filtro ocra o rosso — a seconda della gravità della situazione — che cambia completamente la nostra percezione degli eventi. I fumi generati dagli incendi scatenano vere e proprie tempeste di fulmini, in una grottesca reazione a catena di eventi climatici catastrofici.
Gli appezzamenti di natura urbanizzati dalla costruzione di edifici a scopo residenziale o industriale diventano prima carcasse da abbandonare perché spacciate davanti alla velocità e alla ferocia delle fiamme e poi, come nel caso dell’allerta di oggi, l’ultima possibilità per proteggersi da una minaccia paradossale, da un lato completamente visibile (con le sue fiamme alte 70 metri) e dall’altro interamente inaspettata.
Il fuoco è in tutto e per tutto uno dei primi fenomeni naturali che gli umani hanno dovuto ed hanno saputo padroneggiare, oggi risulta così imprevedibile da diventare una delle minacce principali al nostro modo di pensare al potenziale umano di insediarsi sul pianeta.
Come in Australia, su proporzioni diverse lo stesso destino sta toccando alla California. Lì, infatti, la stagione degli incendi boschivi è fuori controllo a tal punto da aver esaurito anche le leve volantarie tra i soccorritori e da aver spinto un’antropologa americana (Adriana Petryna) a formulare una nuova prospettiva di comprensione del fenomeno.
Lei lo chiama horizoning, ovvero la capacità degli umani di acquisire porzioni di actionable time all’interno di fenomeni regolati da dinamiche di runaway change.
I soccorsi sono in costante esaurimento, gli incendi aumentano in modo esponenziale e ogni emergenza è unica nel suo genere e direttamente collegata a tutte le altre. Il tempo in cui un’azione di soccorso è davvero efficace (actionable time) è sempre meno perché gli incendi si sviluppano in modo inaspettato (runaway change).
In sintesi — come riacquisiamo la possibilità di immaginare un agire assolutamente urgente ma che allo stesso tempo devo intaccare fenomeni altamente complessi e che mutano a velocità ben maggiori della nostra capacità di comprenderli? Come si rende protocollo un approccio che esprime un’essenza di fluidità?
In che modo è possibile sviluppare questo nuovo protocollo in tempi eccezionalmente brevi (perché i roghi sono alla porta di casa) sebbene il fenomeno che intendiamo governare è incredibilmente complesso (un incendio boschivo è un fenomeno altamente denso che intacca una molteplicità impressionante di superfici naturali, sociali, logistiche ed economiche)?
La necessità di sviluppare le capacità di horizoning a cui richiama Petryna nel contesto degli incendi boschivi non mi sembra in nessun modo diversa dalle capacità che mi, ci e vi vengono richieste per avere a che fare oggi con un contemporaneo sempre più marcescente, incancrenito e violento.
Le tensioni sociali, la rabbia politica, le crisi economiche e le emergenze climatiche, la tensione critica dello stato delle città, il divario crescente tra fasce sociali diverse, il collasso della speranza, la lotta senza quartiere per l’autodeterminazione di ogni individuo e la violenta Resistenza contro cui ognuno di noi incorre e che ognuno di noi rappresenta — fenomeni diversi che incarnano un’urgenza identica.
Le premesse non sono inedite, ma le circostanze sì: la realtà che ci circonda è un fenomeno complesso regolato da migliaia di fattori difficilmente riducibili ai minimi termini od astraibili dall’insieme — quella stessa realtà, però, è oggi in preda a una Convulsione che sta mettendo a repentaglio la capacità stessa della realtà di manifestarsi.
Il livello di complessità è tale da rendere sempre più difficile agire sui singoli aspetti, e la fragilità del sistema sta facendo drasticamente diminuire le possibilità di sopravvivenza del sistema stesso.
Non ci troviamo più davanti ad una Crisi con cui possiamo interagire in maniera critica: ogni mattina siamo svegliati da un contemporaneo portato al limite, che richiede in maniera così urgente un intervento da impedirci di astrarci dallo stesso — anche se solo per un secondo.
Come scritto chiaramente questa mattina dai vigili del fuoco australiani, siamo in pericolo e dobbiamo agire immediatamente per sopravvivere — È troppo tardi per andarsene.