Una ragione per esistere per 22 minuti, dentro Outer Wilds
Outer Wilds è un videogioco in cui il giocatore può esplorare un sistema solare e i suoi 5 pianeti, anche senza un'apparente ragione.
Outer Wilds è un videogioco in cui il giocatore può esplorare un sistema solare e i suoi 5 pianeti. Non c'è un vero e proprio motivo per intraprendere questo viaggio, ma alcuni dei personaggi che incontrerete all'inizio del gioco vi parleranno dell'esistenza di alcune reliquie di un'antica civiltà, i Nomai, che ha abitato questo fazzoletto di spazio prima di voi. Potete partire, girovagare per i corpi celesti recuperando informazioni su queste reliquie e indagando sul mistero della scomparsa dei Nomai. Oppure, potete non farlo. Potete viaggiare per il sistema solare senza un'apparente ragione: nessuno ve lo impedirà.
Giocare a Outer Wilds è stata un'esperienza molto intensa per me. Mi ha ricordato quanto compiere azioni apparentemente inutili sia essenziale. Non si tratta di serendipità, quella sensazione di inaspettata gioia che si prova quando si trovano 5€ nella tasca di una vecchia giacca. Quello evocato da Outer Wilds è un pieno possesso del libero arbitrio, un cambio di prospettiva radicale sull'uso del tempo: non esistono azioni utili ma istinti da seguire, spogliandoli di ogni senso di urgenza e scopo. Il senso dell'avventura di Outer Wilds è la somma delle esperienze collezionate nel corso del tempo di cui siamo stati in grado di essere padroni. Vuol dire uscire dal seminato per allargare il proprio punto di vista. Questa, in Outer Wilds, non è solo un'affascinante possibilità, ma è anche l'unico modo per poter scoprire qualcosa di nuovo.
La fine non è la fine
Infatti, il viaggio si interromperà bruscamente dopo 22 minuti di orologio dall'inizio della partita: il Sole al centro del sistema solare esploderà in una supernova, divorando tutti i pianeti circostanti. E anche noi. C'è una buona notizia, però: per qualche motivo, siamo bloccati in un loop temporale della durata di 22 minuti. Ciò significa che ogni volta che la supernova esploderà, la nostra avventura potrà continuare: saremo rispediti indietro nel tempo di 22 minuti conservando il ricordo di tutte le scoperte che abbiamo fatto. Potremo, così, ricominciare il viaggio, in un ciclo apparentemente infinito di supernove.
Pochi giorni fa, ho concluso (per ora) la mia avventura nell'universo di Outer Wilds. Vivere questo viaggio ha toccato alcune mie corde scoperte: ho compiuto 27 anni da qualche mese, la mia famiglia sta iniziando a invecchiare e la mia vita non è più solo una grande anticipazione di qualcosa che avverrà in futuro, ma è anche la consapevolezza di ciò che è successo nel mio passato. Il tempo che passa sta iniziando a farmi paura e provare questa sensazione mi obbliga a mettere in dubbio il mio modo di vivere il tempo. Lo passo, perlopiù, lavorando davanti a un computer, facendo quando possibile le cose che fanno tutti per creare dei momenti speciali in una routine ripetitiva.
Lavoro per ottenere denaro, così da poter pagare un affitto che mi permetta di dormire al caldo e di fare le spese necessarie a nutrirmi — il poco tempo libero che mi rimane lo passo con i miei affetti, costruendo con loro momenti pieni di gioia ma che spesso hanno come unico scopo quello di darci tregua per qualche ora. Ogni mia azione ha un fine preciso e deve essere utile. Ho paura di sprecare le mie energie in azioni non utili e di non averne a sufficienza per quelle che mi permettono di restare in vita. Questa che dipingo è un'esistenza molto più precaria di quanto in realtà non sia: ho la fortuna di avere diverse reti di sicurezza che possono tutelare la mia sopravvivenza qualora io non fossi in grado di farlo (prima fra tutte, una famiglia in salute), ma l'impatto che questa postura mentale ha sulla qualità della mia vita è gigantesco.
Esistere inutilmente
Sto facendo molta fatica a cambiare questo modo di pensare. Ci sono tante cose che voglio fare e che non sono utili nel senso più contemporaneo del termine. So quanto intrinsecamente utili siano queste cose: che si tratti di un trekking domenicale, di un viaggio inaspettato, di prendersi del tempo da passare con delle persone care, ognuna di queste azioni mi regala un benessere insostituibile ed è più utile di tante altre azioni che svolgo ogni giorno, senza farmi domande. Poco importa quanto io sia consapevole di questa dinamica: il tempo utile avrà sempre priorità su quello non utile – una sveglia presto per concludere un documento di lavoro a ridosso di una consegna sarà sempre più importante di una passeggiata sotto al sole o una telefonata a un amico. Da tempo, non mi è più chiaro perché ragioni in questi termini. Lo faccio e basta e comportarmi altrimenti mi costa immensa fatica. Rapidamente, si sfuma il confine che separa il compiere azioni per esistere dall'esistere per compiere azioni. Il senso del mio tempo si perde.
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Fai una donazioneIl mio viaggio dentro Outer Wilds mi ha dimostrato quanto importante sia fare ciò che si vuole prima di ciò che si deve. Nei 22 minuti che si hanno a disposizione durante ogni partita, seguire un percorso chiaro (dirigersi verso un dato pianeta perché sappiamo già cosa stiamo cercando) non ci porterà granché lontano. Non soltanto non ci permetterà di scoprire qualcosa di davvero nuovo. Ci impedirà anche di imbatterci in delle novità: panorami inaspettati, complesse dinamiche planetarie, nuovi indizi che non suggeriscono alcuna ulteriore azione. Nel mondo di Outer Wilds ognuno di questi elementi è fondamentale al processo di evocazione del senso della nostra esistenza all'interno di questo videogioco.
Il senso di esistere in un mondo marcescente
Migliaia di giocatori spendono e hanno speso centinaia di ore a girovagare per un ambiente di gioco che può compiere il suo senso formale (ovvero accompagnarci alla tradizionale "fine della storia") in poco meno di 20 minuti di gioco reali. Questi giocatori non hanno deciso di dilatare il tempo della loro esperienza per godere di un semplice senso di meraviglia davanti a ogni nuovo scorcio, ma perché sono giunti in pieno contatto con l'unico motivo della loro presenza all'interno di questo sistema solare: viverlo ed esserne pienamente parte abitandolo in quanto spazio e non in quanto scopo.
In un certo senso, il fatto che Outer Wilds preveda una vera fine per la propria avventura è un bug necessario a rendere l'esperienza di gioco tale. Ogni viaggio spaziale compiuto senza apparente ragione posticipa la fine del gioco. L'esplosione della supernova dopo 22 minuti di gioco non obbliga il giocatore a concludere la propria partita, ma a rinnovarla. Compiere azioni inutili è l'unico senso di Outer Wilds. Ognuna di esse vivifica la nostra esistenza in questo mondo: la rende reale, pulsante e umana. Dentro Outer Wilds ogni fine è la felice conseguenza dell'agire impulsivo ed erratico che rende questo videogioco un'esperienza. Racconta, nei 22 minuti di ogni sua partita, una ragione per esistere: essere partecipi del mondo - esserne complici, e non utenti. Rientrare in contatto con questa possibilità è un bene inestimabile di cui dobbiamo riappropriarci, soprattutto vivendo dentro un mondo marcescente, dove gli spazi di esistenza stanno decadendo e rischiano di scomparire prima che le azioni utili che compiamo ogni giorno ci permettano infine di giungere al nostro vero scopo: poterne compiere di inutili.