Sulla promessa infranta

Tu, altrove, che non hai niente per permettere a me di avere tutto, anche tu inizierai a credere alla promessa come ho fatto io. È l’unico modo, vero? 

Sulla promessa infranta

Qualche sera fa ero con degli amici e qualcuno ha chiesto (era una di quelle conversazioni da “I promise I won’t get political”) cosa ci impedisse di agire in modo radicale per creare un mondo più giusto di quello in cui viviamo.

Basta sfruttamento del lavoro? Sciopera, o sciopera con chi viene sfruttato. Basta pagare affitti iniqui? Occupa. L’inflazione trasforma la spesa in una cena al ristorante? Ruba. La politica non ti rappresenta? Candidati. Chiunque sia l’oppresso e qualunque sia l’oppressione, le possibilità di azione esistono: sono concrete e sono le stesse da secoli. Ci sono già milioni di persone che lottano ogni giorno. 

Qualcun altro ha risposto che non agiamo perché non siamo davvero pronti a compiere i sacrifici derivanti da queste azioni. È vero. Credo anche, però, che queste azioni radicali non si compiano perché spesso non siamo consapevoli di quanto abbiamo già sacrificato. 

Per “funzionare” qui, oggi, devi resistere in una guerra di logoramento perenne. Le ore dedicate al lavoro, la pesantezza dell’aria che respiri, i compromessi etici mentre conti i soldi in tasca, gli occhi chiusi davanti agli abusi. Giornate intere a ingoiare contenuti online per non pensare. Finché il campo del sacrificabile si restringe sempre di più.

Non sai nemmeno cosa stai davvero sacrificando perché tutto ciò che hai è superfluo, all’apparenza. Non devi soddisfare alcuna urgenza davvero reale: la peggiore delle ipotesi è comunque la migliore, rispetto agli “altri”. Quelli fuori. Quelli che da cinque mesi scendono in piazza e urlano straziati intifada perché loro zia, loro padre, loro cugino sono stati uccisi da una bomba israeliana, targata NATO, prodotta in Italia, confezionata in Germania, distribuita negli Stati Uniti. E parlo di sacrificio? Io sono il boia. 

E fai del tuo meglio con il poco di lucidità che ti è rimasta per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Negozi continuamente i confini di quel campo di sacrificio e perdi di vista l’ago della bilancia. Le gambe ti tremano come stuzzicadenti ogni volta che quel confine lo sfiori, diventi una monade, ti rannicchi per occupare quanto meno spazio possibile, il resto viene divorato. Non hai il coraggio di dirti che c’è qualcosa che non torna e che quel qualcosa non è un dettaglio ma un problema esistenziale. Quindi la vita è davvero questa? 

Certo che lo è, non ti sembra abbastanza? Mi avevano, ci avevano promesso qualcosa di diverso. 

Soprattutto, mi avevano promesso che il mio funzionare sarebbe servito a qualcosa, e invece il mio funzionare è tale soltanto finché non serve a nulla. Perché non importa quanto senso io veda in ogni mio sforzo, la pressione del sacrificio divorerà tutto e mi convincerà a stare lì, fermo, zitto. Mi convincerà che devo tutelare il poco che ho e nasconderà tutto ciò che ho già perso. E continua, continua, continua, finché quel poco che c’è viene divorato con tanta ferocia che semplicemente non ci credi più. Succede lentamente e poi tutto d’un tratto.

Mi avevano detto che tutto ciò che ho poteva essere di tutti, che il poco di cui godo doveva essere un diritto inalienabile e quando ho scoperto che quel mio diritto a esistere si fonda sull’oppressione di qualcun altro, nessuno ha avuto il coraggio di prendersi la responsabilità di dirmi sì, è vero, ti avevamo promesso un mondo diverso e ti avevamo raccontato una bugia. Funziona così. Stai zitto. 

Aaron Bushnell muore a 25 anni dopo essersi immolato davanti all’ambasciata israeliana a Washington. Procombe pronunciando “Palestina libera”. Era un militare americano, il suo martirio è stato filmato in diretta ed è silenzioso, solenne e liturgico. Non ha coinvolto nessun altro nella sua azione. I poliziotti che sono giunti a governare il suicidio avevano sacrificato così tanto, dentro di loro, che davanti a un corpo in fiamme hanno deciso di puntare la pistola. Io sono sicuro che l’hanno fatto senza nemmeno rendersene conto.

Sono sicuro che sia stata un’azione istintiva, geneticamente programmata: tu che mi stai dicendo che non ci credi più, a tal punto da ucciderti, tu mi fai così paura che quasi meriti di morire due volte perché se morissi soltanto una volta allora, forse, dovrei smettere di credere anche io. E invece io non ho la forza di accettare che ciò che mi avevano promesso semplicemente non esiste. Deve esserci un altro modo, vero? Tu, altrove, che non hai niente per permettere a me di avere tutto, anche tu inizierai a credere alla promessa come ho fatto io. È l’unico modo, vero? 

L’unico. 

Sto per compiere un atto estremo di protesta, che se paragonato a ciò che le persone stanno subendo in Palestina per mano dei loro colonizzatori, non è estremo per niente. Palestina libera.

Aaron Bushnell

E se stringi i denti guarda avanti ma se bruci non voltarti
voglio volere vederli rincorrere una stella kamikaze quando
bruci!
voglio vedere i loro corpi ignifughi, voglio l’umiliazione!
voglio sentirli!, quando piangeranno più spenti di prima!:
DAMMIFUOCO!!DAMMIFUOCO!!

Alberto Dubito

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